Il Tempio del Sole ad Abu Gorab e il suo vero significato

Egitto, terra dei misteri e, per chi crede in Atlantide, luogo in cui più che in ogni altro gli antichi atlantidei lasciarono la loro impronta. Se le grandi piramidi della piana di Giza non cessano di destare stupore, non mancano altri siti altrettanto misteriosi e affascinanti. Uno di questi è Abu Gorab, che si trova sulla riva occidentale del fiume Nilo a poco più di 20 minuti di automobile da Giza stessa. Il sito è chiuso al pubblico: ecco cosa ne dicono gli archeologi, e cosa possiamo dedurre che invece non viene detto.

Abu Gorab

Fonte: Google Earth

Ad Abu Gorab si trova un complesso di costruzioni che iniziarono ad essere scavate solo verso la fine del XIX secolo. In particolar modo furono portati alla luce due templi, quello di Niuserra e quello di Userkaf. Secondo la ricostruzione fatta dagli egittologi sulla base dei papiri di Userkhau, questi sono due di sei “templi del Sole” costruiti dai faraoni della V dinastia. Quindi, all’incirca 2400 anni prima di Cristo.

Il tempio di Niuserra è quello che da subito ha attirato il maggior interesse degli studiosi. La costruzione un tempo era divisa in due parti, una superiore e una inferiore, collegata da una sorta di “corridoio” o, per meglio dire, strada. Nella parte superiore del tempio c’era un vasto cortile dove si trovano due dei manufatti più interessanti. Quello che resta di un obelisco e la piattaforma su cui (sempre secondo le ricostruzioni ufficiali) si svolgevano i sacrifici di animali.

Il tempio era infatti dedicato alla venerazione del dio Sole, così come si faceva nell’antica città di Eliopoli. I sacerdoti si riunivano qui, probabilmente al tramonto, per pregare il Sole che era considerato una divinità. Da questo culto sarebbe poi scaturito quello del dio Ra, di Iside e Osiride, e l’attribuzione divina al faraone stesso.

Altri occhi

Fonte: www.willemwitteveen.com

Fin qui, quanto abbiamo riportato è quanto si può trovare in qualsiasi fonte che sia rispettosa dei canoni ufficiali della scienza archeologica. Ma addentriamoci noi stessi in questo sito molto antico, a cui purtroppo non si può accedere davvero ma che possiamo visitare con gli occhi della mente (avendo cura di tenerli ben spalancati). La prima cosa che stupisce, come spesso accade, è la grande precisione di ogni elemento costruttivo rimasto.

I materiali usati in questo sito sono tre: alabastro, calcare e granito rosso. La prima cosa che lascia senza fiato sono proprio i blocchi di granito rosso. Sono perfettamente squadrati, e disposti con precisione estrema. Va precisato che ognuno di essi pesa svariate tonnellate. Da certi particolari, si capisce che dovevano originariamente essere disposti proprio come sui fianchi delle grandi piramidi, ad incastrarsi perfettamente l’uno con l’altro. Ma poi si nota anche un’altra cosa.

I blocchi sono sparsi un po’ ovunque, come se una grande mano li avesse messi in disordine. L’impressione che se ne deriva è che ci sia stato un evento cataclismatico di grande violenza che ha letteralmente sconquassato il sito. I blocchi sono disordinatamente sparsi ovunque, come se un bambino avesse rovesciato il suo secchiello di costruzioni sul pavimento.

I bacini e la piattaforma

Fonte: www.megalithicbuilders.com

Disposti in maniera un po’ più ordinata, ma chiaramente non nella posizione in cui erano stati originariamente pensati, ci sono dei bacini circolari. Ognuno di essi ha, nella parte esterna, un’incisione curiosa, che ricorda molto degli ingranaggi di un orologio o di un qualche meccanismo. Internamente, ci sono dei fori, realizzati con perizia estrema. Secondo l’interpretazione ufficiale, erano i catini entro i quali veniva fatto scorrere il sangue delle vittime.

La collocazione attuale dei bacini di pietra da pensare che qualcuno li stesse spostando, ma che si sia dovuto interrompere bruscamente. Riguardo all’obelisco, di esso rimane ben poco oltre alla base. Impossibile dire quanto fosse alto, o cosa raffigurasse. Infine, c’è la strana piattaforma in basalto. Essa ha una forma molto peculiare, che secondo diversi commentatori ricorda uno specifico geroglifico egizio, “hotep” o “hetep”. Abbiamo trovato due traduzioni: offerta o pace.

Fonte: www.megalithicbuilders.com

Ciò che attira di più l’attenzione, oltre alla forma decisamente singolare, è l’alabastro di cui è fatto l’altare. Nonostante le molte speculazioni, nessuno sa davvero che cosa fosse questa piattaforma. L’alabastro è detto anche “cristallo d’Egitto”, ed è una pietra dalle enormi qualità psichiche di risonanza. Naturalmente, questo è un elemento che nessun egittologo prenderebbe in minima considerazione.

La “Camera dell’Universo”

Fonte: ordonews.com/

In una delle fonti da noi consultate (ma, ad onore del vero, non siamo riusciti a trovare altri riferimenti, e saremo grati a chiunque volesse fornirci dati in aggiunta) abbiamo trovato anche il riferimento alla “Chamber of the Universe”, la camera dell’Universo. Si tratterebbe di una piccola stanza buia collocata sotto l’obelisco, esposta a sud ma il cui accesso è a nord. Sulle sue pareti, sarebbero raffigurate immagini del mondo naturale.

Chi racconta di questo particolare, sostiene la teoria secondo la quale il Tempio del Sole (e gli altri “templi” assimilati ad esso) siano luoghi antichissimi. I faraoni egizi della V dinastia non li costruirono: li trovarono già in rovina, ma li usarono per i loro scopi. A cosa servissero originariamente, è difficile dire. A meno che non si attinga alle tradizioni tramandate oralmente dal popolo egizio, che chiamava la sua terra non “Egitto” ma “Khemet” (o kemet).

Secondo questi racconti, la terra di Khemet era popolata in tempi antichissimi. I luoghi sacri, come Abu Gorab, erano quelli in cui si poteva “risuonare” con l’Universo e con le sacre energie che lo abitavano, dette “Neters”. A volte queste energie potevano persino assumere forma “fisica”, grazie a “portali” come quello in alabastro presente ad Abu Gorab. Queste sono storie tramandate oralmente, come dicevamo, e tenute in nessun conto dalla scienza e dall’archeologia.

Un luogo antico, un luogo sacro

Fonte: www.willemwitteveen.com

L’Egitto è una terra antica, e ricca di misteri. Abu Gorab non è che uno dei tanti, ma forse uno dei più affascinanti, forse più delle piramidi stesse. C’è chi dice che i templi del sole e le piramidi siano due fasi di una crescita successiva. C’è chi dice che tutti i luoghi attribuiti ai faraoni fossero in realtà preesistenti, costruiti da mani che avevano mezzi inimmaginabili persino per i potenti faraoni. Come sempre, qui non ci sono risposte certe, ma legittimi dubbi.

Le spiegazioni che vengono date dalla “scienza ufficiale” sono spesso incomplete, rassicuranti di certo, ma poco convincenti. Mancano gli indizi, e i pochi che ci sono, in verità, sembrano dire altro. Solo che l’altro che raccontano è troppo stupefacente o fantastico per poter essere accettato dalla nostra mente di uomini moderni e razionali. Ci crediamo “migliori” di chi ci ha preceduto, di più larghe vedute. Ma forse erano davvero i loro gli occhi che sono stati in grado di guardare più lontano di quanto noi, ormai, non siamo più nemmeno in grado di immaginare.

Fonti:

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