La piramide non finita di Zawyet el-Aryan: che cos’era davvero

Che di piramidi in Egitto ce ne siano parecchie di più, rispetto alle tre arcinote della piana di Giza, è cosa risaputa. Quello che non in molti sanno è che ci sono anche siti archeologici negletti, poco conosciuti, che si dice potessero essere piramidi ma che in con tutta probabilità erano tutt’altro. Ci troviamo di nuovo di fronte a luoghi che l’archeologia spiega in un modo, ma la cui vera natura è ben lungi dall’essere stata compresa fino in fondo. Questo è, ad esempio, il caso delle due piramidi di Zawyet el-Aryan: la piramide non finita e la piramide a strati. Scopriamo di che si tratta.

Due piramidi che forse non erano piramidi

piramide non finita- visione aerea
Fonte: learnpyramids.com; visione da Google Earth della piramide non finita di Zawyet el-Aryan

Le sabbie del deserto dell’Egitto celano ancora tante cose che noi dobbiamo scoprire del tutto, e altrettante che restano avvolte nel mistero nonostante siano state riportate alla luce. Quello di cui ti parliamo oggi è però forse uno dei siti in assoluto più misteriosi di tutti, anche perché oggi non c’è possibilità di tornare a studiarlo. L’area di Zawyet el-Aryan in cui si trovano le due presunte piramidi di cui ti stiamo per parlare è infatti oggi zona militare, quindi interdetta ai civili e vieppiù ai turisti e agli studiosi. Dobbiamo quindi limitarci ai resoconti di chi, in passato, ha avuto la ventura di visitare queste rovine.

Zawyet el-Aryan si trova nel governatorato di Giza e quindi non dista molto dai monumenti più famosi dell’Antico Egitto. Qui si trova una necropoli, formata da cinque cimiteri e da due siti che sono stati interpretati come piramidi non finite. Le primissime esplorazioni risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, quando questi edifici vennero riscoperti. In seguito furono studiati con maggiore attenzione agli inizi del Novecento. Successivamente, non ci fu più molto interesse nei loro confronti, fino a che negli anni Sessanta l’area fu militarizzata, e tutto sembrò cadere nell’oblio.

Alla luce di questo potresti pensare che quindi in queste presunte piramidi non ci fosse poi molto di interessante, tanto da dare vita ad ulteriori campagne di scavo. E invece di cose interessanti ce ne sono parecchie, soprattutto di cose poco chiare che richiederebbero delle spiegazioni. Pensa che, per l’imponenza in particolar modo della cosiddetta “piramide non finita”, qui si svolsero le riprese di un kolossal hollywoodiano. Insomma non esattamente un sito di secondaria importanza. Di certo, però, un sito che ha creato parecchi mal di pancia agli egittologi che non amano dover rimettere in discussione quanto vi è di già definito in materia di Antico Egitto.

Le due pseudo piramidi di Zawyet el-Aryan

sabbia-nel-corridoio
Fonte: learnpyramids.com

Come dicevamo, l’area archeologica era sede cimiteriale. Ci sono 5 mastabe, tipiche costruzioni funerarie, e due siti maggiori catalogati come piramidi non terminate nella loro erezione. La prima è detta “piramide a strati. Questa prima struttura si trova circa 8 chilometri a sud ovest di Giza ed è stata esplorata a più riprese tra il 1839 e il 1911. Curiosamente, i vari archeologi che hanno esplorato il sito non sono concordi sulle sue dimensioni, né su quante stanze potesse possedere la “piramide” in origine. Sembra che sia stata abbandonata durante la costruzione, forse per la morte prematura del Faraone. Al suo interno gli esploratori non hanno trovato nulla, né corredi funebri né mummie. Il suo aspetto è quello di una collina di detriti; esistono solo stanze sotterranee mai del tutto esplorate.

La struttura più interessante però è la seconda, quella definita piramide non finita“. Si trova nel settore settentrionale di Zawyet el-Aryan, appare come un enorme corridoio monumentale che poi sprofonda verso il basso per condurre a stanze sotterranee. Viene comunemente datato all’Antico Regno, tra quattro e cinquemila anni fa. La presunta piramide fu descritta per la prima da Karl Richard Lepsius tra il 1842 e il 1846. Ma l’esplorazione più approfondita fu condotta da un ricercatore italiano, Alessandro Barsanti, all’inizio del XX secolo.

Barsanti rimase folgorato dall’imponenza del sito. Raccontò le sue scoperte, corredandole di molte foto e di qualche disegno, all’interno degli Annales du Service des antiquités de l’Égypte in lingua francese. Su questi resoconti oggi possiamo basare gran parte delle nostre congetture. La prima cosa che emerge con chiarezza dalle indagini dell’archeologo è che lui non era per niente convinto che quel corridoio e quegli ambienti dovessero essere parte di una piramide mai costruita.

La piramide che non era una piramide

Fonte: learnpyramids.com

La scoperta della piramide non finita (la chiameremo così per comodità) avvenne, così dice Barsanti, per caso. Dopo aver esaminato la piramide a strati senza trovare spunti di particolare interesse, l’uomo e la sua guida stavano tornando a Giza quando notarono dei frammenti di granito. Arrampicatosi su una collina, l‘archeologo notò un edificio rettangolare e dei blocchi di calcare, e un canale che correva in direzione nord-sud. In verità Lepsius aveva già avvistato quelle strutture anni prima, ma Barsanti ne rimase enormemente incuriosito, al punto da tornare il giorno dopo con 50 uomini per dare il via gli scavi.

Era il 1900. Appurato che quel sito celava molto di più di quanto non si potesse vedere ad occhio nudo, tornò dopo 4 anni e il primo Marzo iniziò la vera e propria campagna di scavo, l’unica in questo luogo poi dimenticato. Gli unici che in seguito tornarono a visitare la piramide non finita di Zawyet el-Aryan furono Maragioglio e Rinaldi, che però si limitarono a poche e superficiali osservazioni. Barsanti era un archeologo di grande esperienza, in quanto era stato lui a riportare alla luce la tomba del faraone Akhenaten. Era certo di trovarsi davanti ad un’altra grande scoperta.

Per prima cosa, si dovette liberare il grande corridoio dalla sabbia. Nonostante Barsanti avesse ordinato di costruire un muro per impedire che la fossa si riempisse nuovamente, per tutta la durata degli scavi quella fu una lotta continua contro il vento del deserto. C’era parecchio da esplorare anche nei dintorni del corridoio principale, ma i fondi non erano tanti e Barsanti preferì concentrarsi su questa zona. Le mura erano formati da blocchi di calcare di 2 metri di lunghezza e 3 metri e mezzo di altezza.

Giù per il corridoio di Zawyet el-Aryan

sarcofago-ovale
Fonte: learnpyramids.com

Quello che poi si rivelò essere un corridoio era stato riempito di materiali di risulta, pieni di graffiti e incisioni. Tra tali iscrizioni c’è spesso un cartiglio che presumibilmente riporta il nome del faraone per il quale veniva eretta la piramide (?), ma è indecifrabile e il nome del committente del sito resta un mistero. Le dimensioni della fossa sono impressionanti. Barsanti calcolò che dentro c’erano 4200 metri cubi di rocce, alcune pesanti anche 3 o 4 tonnellate. Si continuò a rimuovere materiale, incontrando anche dei blocchi di granito, finché l’archeologo non si convinse di essere arrivato all’ingresso della camera funeraria.

coperchio sarcofago granito
Fonte: learnpyramids.com

Si sbagliava. C’erano ancora altri blocchi di granito da rimuovere. Era il febbraio del 1905 quando Barsanti e i suoi arrivarono a toccare il fondo del grande corridoio. Di lì a poco si sarebbero imbattuti nel manufatto più stupefacente di quella spedizione. Il 12 marzo del 1905 venne scoperto quello che viene definito il sarcofago ovale. Si trattava di un grande blocco di granito, con un coperchio sigillato. Curiosamente quel blocco aveva forma ovale ed era cavo, come se si trattasse di una vasca. Infatti al suo interno, una volta aperto, venne trovato il resto di un qualche liquido che un tempo doveva averlo riempito. Purtroppo, non sappiamo di che liquido si trattasse.

Questo “sarcofago” (usiamo la definizione corrente, ma appare chiaro che fosse tutt’altro) misurava oltre 3 metri di lunghezza, era profondo un metro e mezzo e ampio 2 metri e 20. Le dimensioni del blocco facevano pensare che dovesse essere stato posto lì prima che il corridoio venisse costruito, altrimenti non ci sarebbe passato attraverso. Di lì a poco, gli scavi presero una brutta piega. Una terribile tempesta colpì il sito e lo allagò.

La fine degli scavi e l’inizio dell’oblio

fine scavi
Fonte: learnpyramids.com

Barsanti però non era intenzionato a smettere. Si era convinto che i bocchi di granito messi con tanta cura a chiudere i passaggi sottostanti il sarcofago ovale nascondessero il vero sarcofago. Continuò a più riprese la sua campagna di scavi fino al 1911, quando i venti di guerra lo chiamarono altrove. Nel 1917 l’archeologo morì, senza aver sodisfatto la sua curiosità. Aveva rimosso blocchi su blocchi di granito in una sorta di furia distruttiva, ma non era riuscito a svelare il cuore del mistero della piramide non finita di Zawyet el-Aryan. Fine della storia?

Land of the Pharaohs film
Fonte: learnpyramids.com

Per certi versi, sì. Come abbiamo detto, ci fu solo un’altra campagna di ricerca che però non apportò significative novità alle scoperte di Barsanti. Nel 1955 il grande corridoio di Zawyet el-Aryn apparve a tutti nella sua magnificenza in una produzione cinematografica, “La Regina delle Piramidi” (titolo originale, “The Land of the Pharaohs”, 1955). Dalle immagini del film puoi farti un’idea esatta dell’imponenza di quella costruzione, di cui ad oggi non sappiamo la destinazione d’uso. Per Barsanti poteva trattarsi di una mastaba, per altri era una piramide. Oggi nessuno può indagare oltre, perché l’area è chiusa al pubblico e si pensa che il corridoio sia di nuovo riempito da detriti e rovine.

Sembra strano però che un sito di così grande interesse sia stato abbandonato a se stesso. Possibile che nessuno più abbia voluto portare avanti il lavoro di Barsanti, che era più che convinto che il meglio dovesse ancora arrivare? Forse qualcuno ha continuato i suoi scavi? Oppure no, perché ha paura di quello che potrebbe trovare?

Cosa si nasconde davvero a Zawyet el-Aryn

Atlantide piramidi
Fonte: nilefm.com

Tante domande e pochissime risposte, e le poche che abbiamo appaiono insufficienti. Una volta di più, dobbiamo ammettere che l’Antico Egitto ci ha consegnato più misteri che certezze. Possiamo fare però qualche altra ipotesi su quello che si nasconde nel sottosuolo di Zawyet el-Aryan, alla luce di tante congetture avanzate nel corso degli anni su questa e altre anomalie riportate alla luce da scavi archeologici. Se si prende per buona l’ipotesi che nemmeno le grandi piramidi di Giza fossero sepolture, ma servissero ad altro, potremmo trovare a Zawyet el-Aryan un altro pezzo del puzzle.

I sostenitori dell’esistenza di Atlantide credono che questo popolo aveva costruito sull’intero pianeta un reticolo di strutture in grado di produrre un qualche tipo di energia. Forse sfruttava il magnetismo della terra, forse i flussi di acqua sotterranei. Forse quell’energia sfuggì di mano, ad un certo punto, e ciò causò la fine di Atlantide. La grande fossa di Zawyet el-Aryan potrebbe far parte di questo circuito, e così il suo enigmatico sarcofago ovale. No, non ci sono prove per dimostrare con certezza che le cose stiano in questo modo: ma non ce ne sono molte nemmeno per dire che il sito fosse una piramide non finita.

Di contro, però, ci sono gli indizi, tanti, disseminati un po’ ovunque, che parlano di un’altra storia. In questa storia ci sono uomini giganti, capaci di smovere massi enormi con la forza del magnetismo o delle vibrazioni sonore. Navigavano lontano, forse conoscevano un’energia simile a quella atomica. Hanno lasciato costruzioni enormi, la cui vera natura è stata dimenticata con il tempo. E forse là, sotto Zawyet el-Aryan, si cela molto più di un mero indizio, ma una prova che potrebbe definitivamente dare una risposta ai nostri tanti, insolvibili quesiti sul passato dell’Umanità.

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