El Pital, un’area archeologica che potrebbe cambiare la storia

Il Messico, e il Centro America in generale, rappresentano una fonte pressoché infinita di importanti informazioni sul nostro passato più o meno remoto. Fonte, ahinoi, poco considerata e soprattutto spesso letta a senso unico. Tralasciando le molte cose che sono andate perdute, accade che gli studiosi si concentrino sempre sui siti più famosi trascurandone invece altri che potrebbero essere altrettanto interessanti, se non di più. Come, ad esempio, il sito di El Pital, un’area archeologica che potrebbe cambiare la storia.

L’area archeologica di El Pital

Fonte: Google Earth

Siamo in Messico, non distanti da Veracruz, e il nome di questo sito viene invece dalla sua vicinanza con la cittadina di El Pital, appunto. Si tratta di un sito pressoché misterioso, visto che era ignoto fino a pochi decenni fa e che dal momento della sua scoperta ben poco si è fatto per comprenderlo meglio. A dare la notizia dell’eccezionale ritrovamento fu un comunicato ufficiale del National Geographic nel 1994. Molti giornali, tra i quali il New York Times, riportarono la notizia dandogli grande rilievo.

Cos’era stato trovato di tanto sorprendente? Un’intera città di cui non si sospettava l’esistenza, un fiorente centro portuale del Golfo del Messico che risaliva a 1500 anni prima. Quel luogo era contemporaneo dei Maya, e della grande piramide di Teotihuacan, ma non apparteneva alla civiltà Maya. Tra gli edifici che si intuivano tra la vegetazione c’erano numerose piramidi: ben 150, alcune delle quali alte fino a 15 metri. La gente del posto aveva creduto fossero colline naturali, e non costruzioni artificiali.

La scoperta era seguita a delle operazioni di disboscamento. L’area in cui si trova la zona archeologica è stata coltivata fin dagli anni Quaranta dalla gente locale, quindi con metodi rudimentali che non avevano mai permesso di apprezzare cosa si celava sotto la folta vegetazione. Alla riscoperta di El Pital sono seguiti gli studi di S. Jeffrey K. Wilkerson, il quale già da anni si occupava delle civiltà precolombiane e che si ritrovò tra le mani un’inattesa fortuna.

Una civiltà ricca, e misteriosa

Fonte: Curiosmos

Quello che oggi sappiamo degli abitanti di El Pital è che sappiamo pochissimo, nemmeno il modo con cui definivano se stessi. Quello che appare certo è che fossero un punto di collegamento fondamentale tra la civiltà Maya e quelle del bacino del Mississippi. Grazie ai fiorenti traffici commerciali che transitavano nel loro porto diedero un fondamentale e imprescindibile impulso alla crescita di tutte le civiltà mesoamericane. Erano abili navigatori di certo, ma anche e soprattutto agricoltori.

Le opere di terrazzamento e di imbrigliamento delle acque necessarie per l’irrigazione che hanno realizzato lasciano sbalorditi. Pare che siano stati gli abitanti di El Pital ad introdurre alimenti come il mais dal Nord del Continente attraverso il commercio. Nel momento del suo massimo sviluppo in città dovevano vivere oltre 20.000 persone.

Sul Los Angeles Times erano riportate le prime impressioni di Wilkerson che disse

“La densità della popolazione superava di gran lunga tutto ciò che l’aveva preceduta, e anche quelle che l’avrebbero seguita. Qualcosa di speciale è accaduto da un punto di vista tecnologico, tale da permettere che accadesse qualcosa che non si sarebbe verificato nei 1.500 anni successivi.”.

Le costruzioni di El Pital

Fonte: formato7.com

Tutte le costruzioni dell’area archeologica di El Pital mostrano un dispiego di forze imponente. Per controllare l’ingresso al Golfo del Messico venne costruita un‘isoletta artificiale. Si calcola che per erigere le numerose piramidi che costellano la città ci sia voluto un imponente sforzo costruttivo, oltre che la movimentazione di tonnellate di materiali. Nell’area sono state ritrovate molte ceramiche e anche una maschera che ricorda il dio della pioggia comune ad altre civiltà precolombiane, Tlaloc.

Gli abitanti di El Pital amavano il gioco della palla: sono stati infatti ritrovati diversi campi da gioco. I ritrovamenti fatti da Wilkerson riguardano anche sculture cerimoniali, una placca dedicata al dio Sole, coltelli di selce a forma di foglia (usati, si presume, per i sacrifici). Gli scavi potrebbero rivelare chissà quali altre meraviglie. Il punto però è che su El Pital, a quasi trenta anni dal suo ritrovamento, non si sa molto di più.

L’area è oggetto di interesse per grandi corporazioni che coltivano le banane, e sembra come se un velo di oblio sia caduto su tutto dopo i titoli entusiasti dell’epoca del primo ritrovamento. Questo nonostante pare che studiare i cicli attraversati dalla città potrebbe aiutare anche a prevedere le periodiche inondazioni causata da El Nino, fenomeno climatico che si ripete con regolarità e che in certe condizioni assume caratteristiche catastrofiche.

Cosa potrebbe raccontarci El Pital

Fonte: mapio.net

Dunque, quello che si sa è molto poco, ma già sufficiente a far emergere una realtà di cui non si sapeva nulla e che fu sicuramente di fondamentale importanza nell’evolversi dell’Umanità a quei tempi. La civiltà che fiorì a El Pital sembra essere stata il presupposto indispensabile per la crescita degli altri popoli centro Americani, imprescindibile trait d’union con le popolazioni della parte settentrionale del Continente.

Impossibile non pensare che questa grande civiltà prosperò sulle rive dell’Oceano, e che forse il nucleo primigenio della sua avanzata tecnologia potesse essere una reminiscenza della perduta Atlantide. Peccato che non vi siano mai state campagne di scavo degne di questo nome. Cercando documenti relativi a El Pital degli ultimi anni, si trova poco o nulla. Come se chi l’ha scoperta avesse anche capito quanto potesse essere “pericolosa” per un certo tipo di narrazione, e avesse preferito che le numerose piramidi restassero avvolte dalla vegetazione e dal mistero.

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