Le misteriose torri dell’Himalaya a forma di stella

Le torri sono una tipologia di costruzione molto usata in passato. In molte civiltà antiche infatti troviamo l’abitudine di costruire torri. Ad esempio in Irlanda, ma anche in Italia, in Grecia, e in molti paesi del Medio Oriente. Le torri più misteriose e meno conosciute sono però quelle che si trovano in diverse zone dell’Himalaya. Benché le torri dell’Himalaya siano imponenti e sotto gli occhi di tutti, solo sul finire degli anni Novanta una studiosa francese, Frederique Darragon, si è interessata a loro in modo approfondito.

Le misteriose torri dell’Himalaya

torri dell'Himalaya
Fonte: Pinterest

Le torri di cui stiamo parlando sono sparse su diversi territori, La maggior parte si trova nelle regioni di Changtang e Kongpo, in Tibet, altre sono sparse nelle aree abitante dalla popolazione Qiang e dagli Xia. Alcune sono in piena vista, inglobate all’interno dei villaggi. Altri sono in zone remote e difficili da raggiungere. Alcune sono separate da chilometri, altre sono raggruppate alle pendici delle montagne. Non sembra esserci alcun criterio nella loro costruzione.

Allo stesso modo, anche la loro forma è variabile. Le torri che hanno meglio resistito alla prova del tempo sono però quelle che hanno una pianta a stella, che sono anche le più affascinanti. La prima descrizione dell’esistenza di queste torri risale alla Dinastia Ming (1368-1644), ma il primo esploratore occidentale che ne parò fu Michel Plessier nel 1982. Plessier vide delle torri che segnavano il confine tra il Tibet e la Cina durante una spedizione e si incuriosì.

Purtroppo però in seguito rimase vittima di un brutto incidente che gli impedì di proseguire le sue esplorazioni. così chiese ad una sua collega, la ricercatrice Frederique Darragon, di proseguire le indagini per conto suo. la Darragon doveva andare in Tibet per una ricerca sul leopardo delle nevi ma accettò di fare questo piacere a Plessier. Rimase così affascinata da quello che scoprì che ne fece il suo principale argomento di indagine.

Le scoperte della Darragon

torri dell'Himalaya
Fonte: www.thelandofsnows.com

Nel 1998 la Darragon intraprese un lungo viaggio attraverso territori pressoché deserti e inesplorati dell’Himalaya alla ricerca delle fantomatiche torri. Trovarle non fu difficile: alcune svettavano fino a 60 metri di altezza. La cosa sconcertante era che nessuno sapeva dirle che cosa fossero quelle torri, chi le avesse costruite, a cosa fossero servite. Le torri erano lì, semplicemente, la gente le accettava come parte della loro vita e le poche spiegazioni che sapevano dare erano basate per lo più su miti e leggende.

La Darragon invece condusse la sua indagine su presupposti saldamente scientifici. Prelevò dei campioni di legno (con cui erano stati costruiti i solai, mentre le torri sono di pietra) al fine di ottenere una datazione al carbonio 14. Il risultato disse che le torri dell’Himalaya dovevano essere state costruite tra 600 e 1000 anni fa, forse anche 1800 anni fa. Naturalmente la datazione del legno non equivale a datare la pietra: le torri potrebbero essere molto più giovani, o molto più antiche.

La Darragon, al termine delle sue esplorazioni, pubblicò un lungo documento contenente quello che aveva potuto dedurre. Il primo capitolo dice “Un enigma in piena vista”. Perché l’aspetto più affascinante delle torri a stella dell’Himalaya è che, pur non essendo di certo nascoste, non hanno interessato gli archeologi e gli storici per così tanto tempo. Nessuno si è chiesto a cosa servissero o chi le avesse erette fino all’arrivo della Darragon. Che, bisogna dirlo fin da subito, non ha comunque trovato una risposta, ma ha solo formulato ipotesi.

Un popolo diviso e un’antica leggenda

torri dell'Himalaya
Fonte: Pinterest

Fonti tibetane, scrive nel suo documento la Darragon, parlano dei 18 Regni di rGyalrong. Questi Reami sono a lungo stati creduti solo una leggenda, ma secondo la ricercatrice francese le torri sono la prova che sono esistiti davvero. Si trattava di reami isolati, in guerra tra di loro, e un’altra prova potrebbe essere il fatto che ancora oggi la gente del posto parla lingue diverse pur abitando molto vicine. La difficoltà di comunicazione potrebbe essere tra i motivi per cui si è perduta memoria storica dell’erezione delle torri dell’Himalaya.

Nella conclusione del suo studio, dopo aver descritto in modo approfondito e scrupoloso tutte le torri incontrate nel suo cammino, la ricercatrice fa quattro ipotesi circa la destinazione d’uso delle torri. Esclude quella religiosa, in quanto le torri non sono mai menzionate nei libri di religione o nelle cronache dei monasteri del territorio. Esclude anche l’idea che potessero essere monumenti dedicati a personaggi famosi: sono troppe, spesso tanto vicine tra di loro, per pensare a qualcosa di simile.

Ci sono altre ipotesi che vengono scartate. Ad esempio, la Darragon esclude possano essere una mappa stellare (a mo’ di Stonehenge) e anche che servissero a segnare dei confini, vista la loro collocazione apparentemente caotica. La studiosa però sottolinea anche come le torri dell’Himalya siano estremamente eterogenee, per pianta (rettangolare, quadrata, a stella con diverso numero di punte) e caratteristiche generali. Ovvero, presume che avessero diversi scopi, e che quindi avessero diversa forma per ottemperare al meglio a tali scopi.

A cosa servivano le torri dell’Himalaya

torri dell'Himalaya
Fonte: Pinterest

Le torri dei villaggi Qiang probabilmente avevano scopo difensivo: la gente si rifugiava al loro interno in caso di attacco. In tempo di pace, avevano invece scopo celebrativo, una sorta di status symbol per il villaggio stesso. Ci sono poi le torri che si trovano in luoghi nascosti, dove non passano vie di comunicazione. Queste torri, secondo la Daragon, erano status symbol per chi le aveva erette.

Le torri che sorgono lungo le principali arterie di comunicazione del tempo, che erano anche vie commerciali, erano luoghi in cui difendere le preziose merci, come la seta, dall’attacco dei briganti. Queste torri sono quelle a forma di stella, e pare che questa pianta servisse soprattutto per irrobustire la struttura rendendola resistente ai terremoti, frequenti in questa regione.

Ci sono infine le torri che si trovano in cima alle colline o in altri luoghi strategici, che venivano usate per avvisare dell’arrivo di potenziali nemici. Probabilmente venivano emessi dei segnali di fumo, o accesi dei fuochi, che potessero essere visti da altre torri a grande distanza. Queste sono le ipotesi fatte dalla ricercatrice francese, la quale però ammette essa stessa di non avere sicurezze né risposte certe, vista la mancanza assoluta di fonti scritte o orali sulle torri dell’Himalaya.

Un retaggio antico, prezioso, e dimenticato

torri dell'Himalaya
Fonte: Reddit

La gente delle regioni in cui si trovano le torri dell’Himalaya è molto povera. La Darragon si sta così battendo affinché questi monumenti vengano dichiarati patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Questo potrebbe servire ad implementare (anzi, a creare) dei flussi turistici che portino ricchezza alla popolazione. La studiosa dice di essere consapevole dei rischi che comporta il turismo per un territorio, ma ritiene che un retaggio antico così importante non possa essere trascurato.

In conclusione, le torri dell’Himalaya dimostrano infatti che in territori che oggi sono poverissimi, dimenticati dal resto del mondo, e in cui la gente vive ancora in modo semplice, un tempo erano invece ricchi, e hanno ospitato una o più civiltà di grande consapevolezza, quanto meno costruttiva. Le torri dimostrano una capacità di creare edifici che hanno resistito alla prova del tempo, con tecniche architettoniche che hanno qualcosa da insegnare ancora oggi.

Il mistero delle torri dell’Himalaya resta però un mistero. La Darragon le ha, per così dire, vivisezionate in ogni pietra, in ogni angolo nascosto, ma non ha potuto trovare prove tangibili di quale volontà ci sia stata dietro la loro erezione. Come tutte le altre torri che esistono in tutto il globo, esse continuano a celare il vero motivo per cui furono costruite e il loro scopo ultimo, che forse ancora si deve esplicare.

Fonti:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *