La perduta città del Sahara: Zerzura

Le città e civiltà perdute esercitano sempre un enorme e indiscutibile fascino su di noi, tanto che non ci stancheremmo mai di sentire storie sul loro conto. Ci sono però città perdute meno famose di altre, e Zerzura è tra queste. Non si può dire che sia meno famosa in assoluto, visto il numero di spedizioni che hanno cercato di ritrovarla. Gode però di un po’ meno notorietà nei confronti del grande pubblico, ma a torto, a parer nostro. La sua storia riveste infatti un grande fascino, ha appassionato studiosi e viaggiatori, e soprattutto si svolge in una delle location più suggestive del mondo, il deserto del Sahara. Ti racconteremo tutto quello che si sa, ad oggi, della perduta città del Sahara: Zerzura.

Le prime testimonianze sull’esistenza di Zerzura

Fonte: www.livescience.com

Sentiamo parlare per la prima volta della città di Zerzura, che naturalmente ha suscitato interesse per via della descrizione delle sue grandi ricchezze, nei primi decenni del XIV secolo. Uno scriba attivo presso la corte del sovrano di Bengasi vergò il resoconto riportato da un viaggiatore che si era imbattuto in questo luogo mitico. Pare che il viandante si fosse avventurato per 5 giorni nel deserto del Sahara alla ricerca di un suo cammello che si era smarrito. Era in compagnia di altre persone.

Un giorno però il gruppo si imbatté in una terribile tempesta di sabbia, che uccise i compagni dell’uomo e che gli fece perdere del tutto il senso dell’orientamento. Smarrito e solo, l’uomo del racconto incontrò due persone, dalla pelle chiara, che lo soccorsero e lo accompagnarono nella città di Zerzura. Tutto quello che il narratore ricordava della posizione della città era che si trovava in una valle, tra due alte montagne. Lì ebbe acqua e cibo, e ristoro dal suo disastroso viaggio.

L’epilogo della vicenda è piuttosto imbarazzante, e pare sia stato narrato controvoglia dal viaggiatore. Pare infatti che se ne fosse andato nottetempo da Zerzura, perché quel giorno il sovrano della città aveva chiesto alle sue guardie di perquisirlo. Addosso gli avevano trovato un grosso e prezioso anello, presumibilmente rubato. L’uomo aveva quindi ben pensato di squagliarsela prima che venisse eseguita la sentenza di morte decisa per lui. A quanto pare, le leggi erano parecchio rigide a Zerzura.

Il Libro delle Perle Perdute

Fonte: www.invaluable.com

Un’altra fonte molto interessante che parla di Zerzura è un manoscritto risalente al XV secolo dal titolo Kitab al Kanuz, noto anche come Libro delle Perle Perdute. Si tratta di un’opera anonima di origine araba il cui originale, purtroppo, è andato perduto. Noi conosciamo quello che c’era scritto solo grazie a testimonianze successive. Il libro parlava di tutte le ricchezze che l’impero egizio aveva disseminato nel mondo e aveva nascosto. La città di Zerzura fa parte del novero dei luoghi in cui l’Egitto aveva celato i suoi tesori.

Nello specifico, a riportare le testimonianze scritte nel Kitab al Kanuz è Harding King nel suo libro del 1925 “Mysteries of the Libyan Desert”. Ne riporta il seguente brano:

Nella città di Wardabaha, non distante dalla cittadella di el Suri, vedrai palme, viti e sorgenti. Addentrati nel wadi e seguilo: troverai un altro wadi che corre verso ovest tra due montagne. Da quest’ultimo wadi parte una strada che ti condurrà alla città di Zerzura, di cui troverai la porta chiusa. Questa città è bianca come una colomba, e sulle sue porte è scolpita la sagoma di un uccello. Prendi dal suo becco le chiavi della città, poi aprine le porte. Entra, e troverai grandi ricchezze, e il re e la regina che dormono nel castello. Non avvicinarti a loro ma prendi il tesoro, e questo è tutto.

Il wadi (o uadi) è il letto di un torrente o fiume ormai prosciugato, del tutto o parzialmente. Questa testimonianza parla dunque di grandi tesori, e anche dei sovrani di Zerzura che sembrano, proprio come nella fiaba della Bella Addormentata, piombati in un sonno magico. Questa è stata la testimonianza che più di altre ha spinto, a partire dalla quarta decade del XIX secolo, molti viaggiatori ad addentrarsi nel deserto, con tutti i rischi che ciò comporta, per ritrovare al città perduta del Sahara.

Altre testimonianze e prime ricerche

Fonte: https://www.deviantart.com/gex78/art/Desert-city-377703662 – immagine di proprietà dell’artista

Prima che venisse pubblicato il libro di Harding King, un altro testo aveva già accesso la curiosità e l’interesse nei confronti di Zerzura. Parliamo di “Modern Egypt and Thebes: Being a Description of Egypt,” pubblicato nel 1843 da John Gardner Wilkinson, celebre egittologo britannico. Qui Wilkinson riporta le testimonianze degli abitanti dell’oasi di Dakhla, in Egitto, che raccontano come una ventina di anni prima un arabo alla ricerca del suo cammello si fosse imbattuto in un’oasi dove si trovavano anche delle rovine. Questa oasi si trovava a circa 5 o 6 giorni ad ovest dall’oasi di Farafreh ed era chiamata Wadee Zerzoora. Impossibile dare una datazione alle rovine.

In seguito le pubblicazioni in merito a Zerzura e alla sua più probabile location sono state numerose. Ricordiamo ad esempio “Remarks on lost oases of the Libyan desert” del dottor John Ball (1928), in cui si confuta l’idea che a Zerzura ci fosse un re, sulla base del manoscritto di un emiro siriano del 1447. O ancora potremmo citare A. Johnson Pasha, membro della Royal Geographical Society, che pubblicò nel 1930 un’opera intitolata semplicemente “Zerzura”. Pasha sosteneva di possedere una copia del Kitab al Kanuz.

Ma il nome che maggiormente si lega alla ricerca della perduta città-oasi di Zerzura è quello di László Almásy (1895-1951), aviatore ed esploratore ungherese, al cui personaggi si ispira, in modo molto libero, il protagonista del film “Il paziente inglese”.

László Almásy e la ricerca della perduta città di Zerzura

Fonte: www.elmundo.es – László Almásy

Almásy studiò mappe, resoconti, rapporti, e alla fine si persuase di aver trovato l’esatta collocazione dei resti della città di Zerzura, nella regione del Gilf Kebir. La sua prima spedizione in tal senso risale al 1932, quando scoprì quella che ritenne essere una delle tre vallate che secondo le leggende circondavano la città di Zerzura. Le altre due vallate vennero scoperte in quello stesso arco di tempo da colleghi di Almásy. Altre spedizioni dell’aviatore si susseguirono nei due anni seguenti, nonostante le sue precarie condizioni di salute, e qui dobbiamo rilevare una singolare anomalia.

Se vogliamo basarci sulla biografia di László Almásy riportata nelle versione italiana di Wikipedia, leggiamo che Almásy “a partire dal 1932 intraprese una serie di viaggi nel deserto alla ricerca della leggendaria città di Zerzura. Queste spedizioni non raggiunsero mai lo scopo di trovare Zerzura (la cui esistenza è tuttora considerata solo una leggenda)”. Al contrario, la pagina originale in ungherese dice (traduzione di Google Translate) “nel 1932 fece la sua prima grande scoperta il 1 maggio quando trovò l’Oasi di Zerzura […] Solo dopo aver visto le tracce delle ruote la gente del posto credette che Almásy avesse raggiunto Zerzura attraverso il mare di sabbia e gli diede il nome Abu Ramla (Padre della sabbia)”.

In un caso o nell’altro, quel che è certo è che ancora oggi si mette in discussione la vera esistenza di Zerzura. Una delle ipotesi più accreditate è quella avanzata dall’esploratore Ralph Alger Bagnold che poco prima di Almásy aveva tentato la sua stessa impresa. Bagnold scrive che Zerzura non è altro che uno dei tanti nomi dati alle leggendarie città del deserto nordafricano fiorite nella fantasia della gente che vedeva il Sahara come un luogo inospitale e inaccessibile.

Moderni esiti della ricerca di Zerzura

Fonte: Twitter

Al giorno d’oggi esistono altri strumenti per esplorare il deserto che non siano pericolose spedizioni, e sono le moderne tecnologie. Grazie ai satelliti si può setacciare il deserto semplicemente stando allo schermo di un pc, e tracce interessanti sono state trovate, anche se nessuna evidenza inconfutabile. Si sono trovati tanti letti di fiumi prosciugati e antichi insediamenti che avvalorerebbero l’ipotesi di una zona un tempo molto vitale e dinamica. Nella parte nord del Sahara, probabilmente al confine tra Egitto e Libia, fiorivano gli scambi commerciali. Parliamo però di un tempo in cui il clima era molto meno inospitale, quindi di migliaia di anni fa.

Per sapere con maggiore esattezza dove potesse trovarsi Zerzura ci si affida alla cosiddetta “mappa dell’Eremita”, un documento che risale, come il Kitab al Kanuz, al XV secolo. Nella mappa è disegnata una città fortificata, circondata da alte mura, in pieno deserto. La città è circondata anche da montagne e palme, e in molti credono che non sia altro che Zerzura. Per correttezza, diciamo che abbiamo trovato citata la mappa in un solo articolo che parla della perduta città del Sahara, senza altri riscontri.

Zerzura, la città egli uccelli, la città bianca, resta quindi misteriosa come altre città perdute. Ci sono alcuni particolari però che ci affascinano più di altri, come ad esempio l’accenno al fatto che i suoi abitanti avessero la pelle chiara. Davvero Zerzura era un insediamento egizio, oppure era uno dei centri creati da una civiltà ancora più antica? Così come accade per la perduta città di Z, non possiamo che fare come i coraggiosi esploratori di un tempo: continuare a cercare senza mai perdere la fede.

Fonti:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *