Uno strumento tecnologico che viene dal passato: lo shamir

Confrontandoci con le enormi piramidi della piana di Giza, con le costruzioni megalitiche dei siti peruviani come Macchu Picchu o Sacsayhuamán o Ollantaytambo, o con le strutture di Baalbek o con i menhir, ci siamo chiesti spesso: ma come hanno fatto? Parliamo di opere erette migliaia di anni fa, quando l’uomo non aveva a sua disposizione che strumenti molto rudimentali. Le spiegazioni ufficiali non sono mai del tutto soddisfacenti. Ci sono però risposte da cercare in luoghi inattesi: ad esempio, nel Talmud o nella Bibbia. In questi testi si parla di uno strumento usato nientemeno che da Re Salomone per l’erezione del Primo Tempio di Gerusalemme: il misterioso ed enigmatico shamir.

Che cos’è lo shamir

Re Salomone
Fonte: plainbibleteaching.com

Ovviamente ti starai chiedendo cos’è lo shamir, e in che modo dei testi sacri possano dare risposte circa le modalità costruttive dall’antichità. Infatti, a noi viene detto che le scritture che ci sono state tramandate dai nostri antenati sono testi allegorici, opere di fantasia da non prendere in considerazione da un punto di vista storiografico. Ipotizziamo però che non sia così, e che le testimonianze antiche abbiano solo subito il passare del tempo, le molte traduzioni, e il profondo cambiamento del linguaggio e soprattutto dello stile di vita. Ipotizziamo cioè che narrino, di fatto, eventi storici.

In due testi religiosi ebraici, il Talmud e il Mishnah, si racconta del modo in cui il Re Salomone eresse il suo tempio. Salomone era un re saggio, come sappiamo, che ci ha lasciato testi esoterici e che aveva la fama di saper dominare i demoni (tra le altre cose). Nell’erigere il tempio a maggior gloria di Dio egli doveva rispettare una regola sacra: ovvero, non usare alcun utensile di metallo. Il metallo infatti poteva essere usato per ferire, mentre l’edificio doveva essere un inno alla pace. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi: come incidere e tagliare la pietra e gli altri materiali da costruzione?

Salomone si ricordò allora dell’esistenza dello shamir. Lo shamir era già stato usato da Mosè, per vari usi e soprattutto per incidere le tavole con i Dieci Comandamenti. Dopo, però, se ne erano perse le tracce. Ma Salomone invocò il principe dei demoni, Asmodeo, che gli rivelò dove trovare quello strumento portentoso. Con un abile inganno, il re riuscì ad impadronirsene, sottraendolo al suo custode, l’uccello hoopoe. Poté così costruire il suo tempio, usando però molte accortezze. Lo shamir infatti era un manufatto da non usare con leggerezza.

Come funziona lo shamir

shamir- il verme
Fonte: templeofmiriam.com

Dello shamir si parla anche nella Bibbia, nel libro del profeta Geremia, e nello Zohar, testo fondante della tradizione cabalistica. Se ne fa cenno persino nel Corano. Ciononostante, non è facile dire con chiarezza come fosse fatto. Una delle interpretazioni più vulgate è che si trattasse di un organismo biologico, e più esattamente di un verme “non più grande di un chicco di orzo”, vale a dire piccolissimo, quasi invisibile. Secondo alcuni commentatori, però, ve ne erano di varia grandezza. Il suo sguardo era in grado di tagliare anche i materiali più duri e resistenti, persino il diamante. Fu usato, ad esempio, per scolpire il pettorale del Sommo Sacerdote.

Lo shamir infatti poteva essere usato per incastonare pietre preziose, per incidere i metalli, per tagliare la pietra in due senza che venisse lasciato alcun residuo. Il suo potere era tale che non si poteva riporre in una qualunque custodia. Il Re Salomone lo metteva avvolto nella lana, dentro un cofanetto di piombo riempito di crusca d’orzo. Tutto questo farebbe deporre meno a favore del fatto che si trattasse di un organismo vivente, e infatti altri pensatori sono inclini a ritenere che fosse piuttosto una pietra dai poteri particolari.

L’idea del “verme” deriverebbe da una traduzione errata del termine latino insectator, che vuol dire “persecutore” ma che sarebbe stato interpretato come insetto. Avrebbe dunque fatto pensare ad una sorta di tarlo in grado di mangiare i metalli, così come i comuni tarli divorano il legno. Esistono però altre ipotesi, di cui parleremo a breve. L’unica cosa certa è che del miracoloso shamir si persero le tracce dopo la distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 70 dopo Cristo ad opera dell’Impero Romano. Ma c’è chi pensa che tornerà alla luce il giorno in cui infine dovrà essere eretto il tanto atteso Terzo Tempio.

Un oggetto soprannaturale

creazione
Fonte: Wikipedia

Il termine shamir viene dall’Aramaico shamira, che vuol dire “simile ad una pietra focaia”. In ebraico però questa parola veniva usata con due significati diversi e affini. Nel libro del profeta Geremia, nella Bibbia, è una punta dura, nel libro del profeta Isaia è una spina aguzza. Comunque si evoca l’idea di un qualcosa di acuminato, capace di perforare anche la materia più resistente. Nel Pirkei Avot, tradotto come “Etica dei Padri”, altro testo sacro dell’ebraismo, lo shamir è elencato tra quegli oggetti che Dio creò sul finire del sesto giorno, prima di riposarsi dopo la Creazione del Mondo.

Dieci cose furono create alla vigilia del sabato al crepuscolo, e queste sono: la bocca della terra, la bocca del pozzo, la bocca dell’asino, l’arcobaleno, la manna, il bastone, lo shamir, le lettere, la scrittura e le tavolette. E alcuni dicono: anche i demoni, la tomba di Mosè e il montone di Abramo, nostro padre. E alcuni dicono: e anche le pinze, fatte con le pinze. 

Tutto ciò che è elencato ha riscontro nelle narrazioni bibliche: l’arcobaleno fu mandato da Dio per sigillare il patto con Noè dopo il diluvio; la manna fu fatta scendere nel deserto per sfamare il popolo ebraico in viaggio dopo la fuga dall’Egitto. Si dice che tutto ciò che Dio creò nei sei giorni era materiale; mentre ciò che creò dopo era soprannaturale. Ecco quindi che lo shamir è qualcosa di più che umano, di divino. A questo punto però ancora non abbiamo risposto alla domanda più semplice. Sappiamo cosa si dice che facesse. Ma cos’era, in concreto? Attualmente, si fanno tre ipotesi.

Le tre possibili forme dello shamir

laser- shamir
Fonte: foreignpolicyi.org

La prima ipotesi è quella biologica, che dice che lo shamir era una sorta di verme che con il suo solo sguardo poteva perforare qualunque materiale (tranne, pare ovvio, il piombo). Ridicolo? Insomma. Nel 2018 dei biologi marini hanno trovato nelle Filippine un organismo capace di mangiare le rocce. Lo hanno chiamato Lithoredo abatanica ed ha la straordinaria capacità di divorare le rocce per trasformarle in sabbia. Certo, un po’ poco per assimilarlo ad un animale in grado di tagliare i diamanti, ma potrebbe rappresentare un indizio della possibile esistenza di un organismo di tal fatta.

Seconda ipotesi: un qualche tipo di materiale radioattivo. A sostenere questa tesi sono stati alcuni studiosi come Paul Goldstein, Frederic Jueneman e Immanuel Velikovsky, basandosi soprattutto sul particolare della scatola di piombo. Nei testi ebraici si dice che lo shamir doveva essere maneggiato con cura, pena gravi ustioni. Inoltre, lo “sguardo” in grado di perforare poteva essere potevano essere radiazioni alfa capaci di destrutturare la materia. Anche il fatto che lo shamir sia scomparso potrebbe spiegarsi con questa ipotesi: il materiale radioattivo, con il tempo, decade e diventa inerte.

La terza teoria parla di un raggio laser, e si rafforza con le narrazioni di molte altre testimonianze antiche, come i testi mitologici celtici e quelli religiosi dell’induismo. Ad esempio, nel Cath Maige Tuired si parla dell’Occhio di Balor, un’arma di distruzione di massa capace di sterminare un intero esercito senza fare altro che aprirsi. I Devas dell’Induismo, durante le guerre che li vedevano contrapporsi tra di loro e agli umani, usavano spesso “raggi di luce” mortali. Ricordiamo che i raggi laser furono ufficialmente inventati solo nel 1960 da Theodore Harold Maiman.

Solo racconti o qualcosa di più?

laser piramidi
Fonte: https://www.deviantart.com/craftingvisuals/art/SCI-FI-Pyramid-878559330, credits: Crafting Visuals su DeviantArt

Tutto quello che abbiamo raccontato finora può avere un qualche senso solo se si pensa che i testi antichi non fossero solo favole o narrazioni mitologiche, ma conservassero un fondo di verità. Nell’impossibilità di verificare con i nostri occhi, possiamo usare solo il metodo deduttivo. Qualunque cosa fosse lo shamir, è chiaro che i nostri progenitori dovevano pur possedere un “segreto” che ha consentito loro di erigere opere che sarebbe impossibile realizzare persino a noi, oggi, con la nostra tecnologia.

Un sottile filo rosso attraversa tutte le civiltà che fin dalle epoche più remote hanno popolato la Terra. Per spiegare quelle che potrebbero sembrare solo anomalie, potremmo partire dal presupposto che alcuni manufatti che noi oggi crediamo solo leggendari, come la mitica Arca dell’Alleanza, in realtà un tempo siano esistiti. Poi è accaduto che il passare dei secoli li ha avvolti di mito e leggenda: e così potrebbe essere per lo shamir. Che, per quanto possa apparire improbabile alla nostra mentalità materialista, offre una spiegazione molto più plausibile di tante altre all’esistenza di siti come Ballbek, le piramidi di Giza, e lo stesso Gobekli Tepe.

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