Siti megalitici e magnetismo terrestre: la scienza conferma la tradizione

Se mai ti è capitato di visitare un sito megalitico non potrai negare di aver provato una sensazione particolare. Potresti credere che essa sia stata legata ad un’impressione visiva, all’emozione di trovarti in un luogo tanto antico e ricco di mistero. In verità la tua non è stata una reazione psichica, ma fisica, innestata dal geomagnetismo presente in questi luoghi. Scopriamo qual è la connessione che esiste tra siti megalitici e magnetismo terreste. La scienza conferma la tradizione con i dati raccolti negli ultimi decenni.

Sciamani e rabdomanti

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Fonte: www.jewworldorder.org

I siti megalitici sparsi un po’ in ogni angolo del globo sono tradizionalmente considerati luoghi di grande potere. Anche se non è ben noto quali tipi di rituali si svolgessero al loro interno, è certo che erano posti in cui centinaia, forse migliaia di persone accorrevano per uno scopo comune. Secondo rabdomanti, druidi e sciamani, le pietre possedevano dei poteri mistici che loro erano in grado di sfruttare.

Tutto questo viene facilmente liquidato come “superstizione”. I popoli antichi non avevano evolute conoscenze scientifiche e si facevano facilmente suggestionare dai trucchetti di maghi o pseudo sacerdoti. La verità è che proprio la scienza moderna, in particolar modo quella che studia il magnetismo terrestre, ha confermato l’assunto secondo il quale i megaliti sono forti catalizzatori di energie.

I luoghi in cui sono stati eretti i megaliti non sono mai stati scelti in modo casuale, e nemmeno la composizione delle rocce lo è. Ciò spiega perché spesso gli antichi si siano sobbarcati il non facile compito di spostare pietre enormi da un luogo all’altro. I siti megalitici nascono lungo le “ley lines“, che secondo gli studiosi accademici non esistono. Si tratta di “linee energetiche” che attraversano il globo e che, di conseguenza, vedono sorgere importanti siti archeologici in zone che si trovano alle medesime latitudini e longitudini.

Negli ultimi decenni molti studiosi si sono interessati alla questione a vario titolo. Usando le moderne strumentazioni, sono riusciti a dimostrare che sciamani e rabdomanti, druidi e sacerdoti non erano solo dei ciarlatani. Nei siti megalitici esistono forze geomagnetiche che vengono convogliate. In che modo esattamente esse venissero sfruttate, questo è l’unico vero mistero rimanente.

Il progetto Drago

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Fonte: www.historic-uk.com

Nel 1978 Paul Devereux, studioso e ricercatore britannico esperto in siti megalitici, inaugurò il cosiddetto “progetto Drago” tuttora in corso. Le sue indagini, che si svolgono sia con sofisticati apparecchi elettronici che con l’ausilio di sensitivi, partirono dal sito chiamato Rollright Stones. Rollright Stones si trova in Inghilterra, al confine tra le contee di Oxford e Warwick, ed è composto da un monolite (King Stone), un dolmen (Whispering Knigths) e un cerchio di pietre (King’s Men).

I nomi si riferiscono alla leggenda secondo cui le pietre non sono altro che un re e i suoi cavalieri mutati in roccia da un incantesimo. Qui Devereux e i suoi volontari, grazie all’uso di magnetometri, scoprirono la presenza di energie terrestri che fluttuavano, specie nelle prime ore del mattino dopo l’alba. Fu rilevato anche un certo quantitativo di radioattività.

Qualche anno dopo, nel 1983, ancora una volta il sito di Rollright Stones divenne il campo base per indagini sul magnetismo dei siti megalitici. Stavolta a condurre gli studi fu un ingegnere, Charles Brooker. Ancora una volta fu usato un magnetometro. Brooker rilevò un movimento a spirale delle onde magnetiche, che entravano dentro i King’s Men da uno stretto passaggio e poi si affievolivano, come se cadessero “dentro il buco del coniglio”.

Sembrava, disse Brooker, che il sito fungesse da “scudo energetico”: al suo interno il magnetismo era molto più flebile che all’esterno. Le scoperte di Devereux e Brooker confermano il fatto che gli antichi non sceglievano a casaccio dove erigere i loro cerchi di pietre, o dolmen e menhir. Una tradizione egizia dice che i templi erano costruiti sul luogo dove il dio aveva ucciso il serpente: il serpente, con le sue spirali, è simbolo del magnetismo della Terra.

Avebury e il magnetismo terrestre

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Fonte: www.ancient-origins.net

Sempre in Inghilterra c’è un altro sito megalitico molto famoso e importante, ad Avebury. Questo è il cerchio di pietre più grande che sia stato finora rinvenuto. Qui vennero installati degli elettrodi, e si scoprì che durante la notte il sito era inerte. Nei primi minuti precedenti l’alba, invece, gli elettrodi si attivavano per via di un flusso di energia che in poco tempo raggiungeva il suo culmine.

John Burke, autore del libro “Seed of Knowledge, Stone of Plenty”, ha scoperto che il modo in cui sono collocate le pietre non è casuale, ma serve per “indrizzare” questa energia terrestre. Le pietre sono inoltre spesso ricche di magnetite, e anche questo serve a convogliare le linee magnetiche. Tali intuizioni furono confermate dagli studi di Pierre Mereux, un ingegnere elettrico, il quale condusse alcuni esperimenti nella regione francese di Carnac.

A Carnac c’è un’elevatissima concentrazione di megaliti: ce ne sono circa 80.000. Lo scopo di Mereux era negare l’esistenza di un qualunque campo magnetico: invece riuscì a provare il contrario. Le sue rilevazioni dimostrarono che le pietre, spesso ricche di quarzo, agivano come solenoidi dove le vibrazioni energetiche “pulsano”. Più le pietre sono vicine al cerchio chiamato Grand Ménec, più sono cariche.

Un passaggio tra i mondi

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Fonte: www.ancient-origins.net

Le scoperte che abbiamo elencato confermano alcune antiche credenze. La prima riguarda la capacità di guarigione che possiedono i megaliti. A Rollright la gente andava per curare le ossa rotte: la moderna scienza medica usa le onde elettromagnetiche per favorire la guarigione delle fratture. C’è poi un’altra diffusa convinzione di molte popolazioni preistoriche, coltivata ancora dalla tribù degli Indiani Hopi.

Gli Hopi credono che vi siano dei luoghi della Terra collegati tra di loro da “tunnel”. Li chiamano “le macchie del cerbiatto”. Sono porte che fungono da ingresso e da uscita per “altri mondi” e quindi vengono usati dagli sciamani per comunicare con gli spiriti. Se questa può sembrare una stregoneria da Medioevo, una recente scoperta della NASA potrebbe dimostrare che è anche qualcosa di più.

Nel 2008 è stata diffusa la notizia secondo la quale i ricercatori della NASA hanno scoperto che tra la Terra e il Sole esistono dei “portali magnetici”, flussi che si aprono e chiudono ogni 8 minuti. Quindi davvero esistono luoghi connessi tra di loro da forze invisibili, che non è detto che l’uomo non possa apprendere ad usare e sfruttare.

E ciò spiega perché i templi antichi, costruiti in certi luoghi, non erano considerati solo ammassi di pietre. Essi venivano “attivati” al sorgere del sole e curati come creature viventi, dormienti di notte e sveglie di giorno. In realtà però non conosciamo davvero gli usi che avevano i siti megalitici, e quale reale potere rivestissero. Ciò che è certo è che spesso sottovalutiamo il potente respiro della Terra, che si esprime con il suo magnetismo che influisce sul nostro corpo molto più di quanto crediamo.

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