La Fioritura di Castelluccio e il Sentiero delle Fate

Forse avrai sentito parlare anche della tu della celeberrima “fioritura” della piana di Castelluccio di Norcia; magari hai visto anche delle foto e ti sei chiesto quale magico incantamento può dare vita ad uno spettacolo così unico. La magia di Castelluccio, però, va ben oltre quelle foto e quei colori, e vorrei provare a raccontartela un po’.

C’è stato un tempo in cui l’Umanità era molto meno prosaica di oggi. Per un uomo non era difficile immaginare che fate con i piedi di capra camminassero su questa Terra. Per loro esse non erano meno concrete e reali dei lupi che ululavano nel bosco e dell’acqua che scorreva nei ruscelli. Dici che erano dei superstiziosi ignoranti? Forse avano occhi migliori dei nostri.

A quei tempi non c’era la televisione e nemmeno il computer, la gente la sera si ritirava al calar del sole e sedeva attorno al fuoco prima che arrivasse il sonno. Di villaggio in villaggio giravano dei cantastorie, i quali per un bicchiere di vino e un po’ di pane e formaggio intrattenevano il loro uditorio con racconti di grandi duelli, di valorosi cavalieri e meravigliose fanciulle. E anche, perchè no, di streghe, fate e Sibille.

Il Sentiero delle Fate

Piana di Castelluccio di Norcia durante la fioritura

I pastori impararono così a conoscere la Sibilla: una donna saggia, una veggente, che viveva sotto la montagna con le sue Fate dai piedi di capra. Le fate, di notte, scendevano nei villaggi a ballare con i giovanotti, ma all’alba dovevano tornare di corsa nella grotta di Sibilla.

Una notte, però, si attardarono un po’ troppo, e dovettero correre a perdifiato sui loro zoccoli caprini per tornare in tempo nel rifugio sicuro dell’Antro della loro Signora: l’alba però le sorprese e le tramutò in pietra. Questa è, secondo alcuni, l’origine del Sentiero delle Fate, una linea grigio ardesia che attraversa il Monte Vettore; secondo altri quel sentiero di ghiaia è l’impronta che lasciarono i piedi delle fate stesse.

Il Monte Vettore svetta sopra la piana di Castelluccio, e la sua singolare conformazione a qualcuno ha ricordato le dita di un’enorme mano: qualcuno ha parlato della Mano di Dio.



Di certo questo luogo che appare remoto come la superficie lunare, così immoto e silente sotto le nuvole in corsa, sembra più vicino al divino che all’umano. Di notte le fate percorrono ancora i suoi sentieri, invisibili agli uomini che hanno dimenticato l’Antica Magia e che non sono più capaci di ascoltare le parole che la Sibilla fa echeggiare tra monti, vallate e dirupi.

Sotto il Cielo di Castelluccio

Mi piacerebbe che tu potessi assaporare la magia della piana di Castelluccio: se non ci sei mai stato, lascia che ti conduca io. In molti, ogni anno d’estate, percorrono chilometri per venire qui ad ammirare la fioritura dei campi di lenticchie, che cosparge la pianura dei toni tenui e acquerello del lilla, del rosso, del giallo, del blu. Ma non è solo durante la fioritura che la piana apparentemente immensa, così aliena, sprigiona il suo fascino.

Arrivarci è un po’ come varcare una soglia: il paesaggio muta all’improvviso, come se davvero una grande mano avesse sollevato una cortina e tu ti trovassi catapultato Altrove. Un Altrove che ha il sapore noto di quello che ami, e il gusto eccitante e proibito di un mondo tutto nuovo. Basta un passo, ti assicuro, e  puoi passare dal mondo dei computer, delle città caotiche e dell’orologio che corre in fretta, in un altro mondo, quello delle fate, del tempo immoto, della Sibilla Eterna.

Io credo che Castelluccio sia un luogo da preservare non solo per una bellezza effimera che ogni anno fiorisce e poi muore. Credo che Castelluccio ricordi al cuore di ognuno di noi che non si deve andare tanto lontano per trovare la vera Bellezza che non Sfiorisce. A volte basta guardarsi intorno, girare un angolo, aprire una porta, ed ecco che nuovi orizzonti possono schiudersi ai nostri occhi: e questo di solito accade proprio nell’ora più buia.

Quando cala la notte a Castelluccio è buio, ed è allora che vedi le stelle: immote, luminose, enormi, come un manto che ricopre la piana. Solo al buio puoi apprezzare il loro scandaloso, immortale bagliore di speranza. Ricordalo, quando cala la notte, così non ne avrai mai più paura.

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