Disegni e Follia ai piedi della Sibilla: Fortunato Duranti

Guerino detto “il Meschino” non è stato di certo l’unico cavaliere che cadde preda del fascino magico della Sibilla Sotto la Montagna. Anzi, se egli, con la sua salda fede, riuscì a sfuggire alla sua malia (ma ne sarà stato poi così contento?) c’è chi invece si lasciò irretire per sempre. Come ogni incantatrice che si rispetti, Sibilla non offre mai nulla se in cambio non riceve qualcosa: a questo cavaliere ella diede l’estro artistico, ma da lui pretese un prezzo molto alto.

Avrei Voluto Dipingere

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“Allegoria della pittura”, 1666, Jan Vermeer

Fortunato Duranti nacque verso la fine del XVIII secolo proprio lì, ai piedi del Monte Sibilla, nel piccolo paese di Montefortino. Oggi se lo visiti trovi un borgo delizioso, ma praticamente disabitato: all’epoca invece l’entroterra del piceno era ricco e popoloso. Fortunato dimostrò fin da piccino un notevole talento artistico, e grazie ad alcuni amici facoltosi, riuscì ad andare a Jesi per ottenere una formazione più completa.

Era l’epoca del Neoclassicismo, delle forme perfette, dei volti angelici: Fortunato fu educato nel disegno, nella pittura e in altre tecniche. Dopo Jesi, volle andare in una città ancora più grande, e fu così che approdò nella capitale. Roma era il centro nevralgico dei nuovi influssi culturali dell’epoca, e qui Fortunato poté respirare un’aria cosmopolita e piena di fermenti.

Produsse alcune opere, in perfetto stile Neoclassico. Ma nella sua mano c’era qualcos’altro, qualcosa che lui non voleva mostrare per timore che non piacesse. Come pittore non ebbe successo, così si dedicò al collezionismo.

Ma Qualcosa Entrò nella Mia Testa, e Disegnai

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Era il 1814, l’epoca del Congresso di Vienna: Fortunato decise di recarsi in Germania per vendere alcune opere ma a questo punto della sua vita qualcosa si inceppò. Fu un banale errore giudiziario, venne arrestato alla frontiera come spia e ciò che possedeva gli venne sequestrato. Alla fine tutto si risolse e lui tornò libero: ma se libero era il suo corpo, non lo era più la sua mente.

Fortunato cominciò a chiudersi in se stesso: la vita romana non faceva più per lui. Dopo tanti anni decise di tornare alla sua città natale, a Montefortino. Lì, all’ombra della Montagna. Avrà forse sentito qualche richiamo? Si segregò in una casetta da lui stesso ristrutturata: ci fece costruire un bizzarro frontone classico con tanto di colonne.

Lì, in uno spazio angusto, si mise a disegnare. Disegnò, disegnò, disegnò: ricoprì fogli su fogli con schizzi, figure, immagini di ogni genere. Donò ciò che restava dei dipinti della sua collezione, nella quale si trovavano opere di grande pregio, al comune di Montefortino, in cambio di un modesto vitalizio. Continuò a disegnare fino alla sua morte. Non si mosse più da Montefortino.

I miei sono i Disegni del Futuro

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La figura di Fortunato Duranti affascina da decenni i commentatori: in maniera sbrigativa i più dicono che fosse schizofrenico. In effetti una doppia personalità ci appare chiaro che la avesse: basta osservare i suoi pochi dipinti e i suoi molti disegni. I dipinti sono chiaramente di impronta neoclassica, molti sono copie. Carini, ma niente di più: un puro esercizio di stile.

I disegni sembrano fatti molto, molto più tardi dell’epoca in cui visse. Alcuni sembrano romantici, altri impressionisti, altri ancora cubisti. Nei disegni la fantasia di Fortunato ebbe libero sfogo: ci sono volti che si sovrappongono, linee che si intersecano, molti ritratti femminili, molte Madonne con il Bambino, soggetto classico per gli artisti di allora che però potrebbe celare il tentativo di mettere nero su bianco le fattezze della maga dei Sibillini.

I corpi che Fortunato tratteggia hanno una maestà inedita; nei disegni osa come non ha mai fatto nei suoi dipinti, ora che non teme più il giudizio altrui. Come dicevo, i libri di storia dell’arte per lui hanno solo una diagnosi di malattia mentale. Ma la sua figura, secondo me, è molto più affascinante di una definizione tanto riduttiva.

La Sibilla mi Parlò

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“La maga”, Corrado Giaquinto (1703-1766) esposta presso la civica Pinacoteca Fortunato Duranti di Montefortino

Fortunato volle allontanarsi dalla Sibilla, ma Sibilla, che è gelosa e possessiva con chi ama, lo ricondusse a sé. I suoi metodi non sono sempre dolci, lo so, ma di sicuro efficaci. Ispirò Fortunato con le sue visioni, che lui tradusse nei suoi disegni. L’uomo viveva in una stanza angusta, ho detto, ma di che altro aveva bisogno? Se faceva tanto di mettere un piede fuori di casa, aveva il mondo ai suoi piedi. Vai a Montefortino e capirai cosa voglio dire.

In paese oggi non c’è solo la sua casa, che è stata trasformata in torre civica (infatti in alto c’è un  orologio), ma anche la sua Pinacoteca. Qui ci sono tutti i quadri della sua collezione (quelli rimasti, molti furono venduti nel corso degli anni), alcuni quadri dipinti di suo pugno, numerosi disegni.

Purtroppo oggi la Pinacoteca non si può visitare: come molti altri beni è stata chiusa per via del terremoto del 2016 e mai più riaperta. Chissà se là dentro, protetti da teche di cristallo, restano esposti nel buio delle finestre chiuse quei disegni dalla modernità sconvolgente.

Preveggenza è Anche Follia

Sempre fu detto folle chi vede ciò che gli altri non vedono. Mai fu ben accetto un profeta nella sua patria. Fortunato è stato bollato come folle, pazzo, artista mediocre, ma io credo che la sua figura nasconda molto altro che occhi profani non possono vedere. Egli fu un iniziato della Sibilla: come dicevo, ciò esige un prezzo. Ma, solitamente, colui al quale viene svelato il futuro non si preoccupa molto dell’opinione dei suoi contemporanei.

Sono certa che Sibilla si adopererà affinché il frutto del lavoro del suo adepto non resti occultato in stanze oscure ma possa di nuovo essere ammirato da altri viaggiatori. Viaggiatori come lui, viaggiatori della vita, alla ricerca di risposte, alla ricerca della verità oltre l’apparenza.

Se un giorno, come io ti auguro, potrai varcare le porte di Palazzo Leopardi e ammirare le splendida collezione lasciata da Fortunato Duranti, che è valsa a questo museo il titolo di “Louvre dei Sibillini”, soffermati davanti al ritratto del padrone di casa. Fortunato lo dipinse lui stesso, per se stesso. In alto, a destra, un pezzo di tela è sollevato. Un chiaro invito a guardare sempre oltre. Non lo ignorare.

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Fonte: http://sirpac.cultura.marche.it

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