I Moai di Rapa Nui: un Monito che Viene dal Passato

Quando si parla di miti e leggende non si parla mai di qualcosa di puramente astratto. I miti e le leggende nascono sempre per spiegare qualcosa che è sotto gli occhi di tutti, o sono il risultato di racconti che si sono tramandati di generazione in generazione, trasformandosi nel tempo. In queste pagine cercherò di raccontare qualcuna di queste storie, per farti scoprire come alla fine, in fondo, tutte non facciano altro che narrare la stessa Grande Storia. Oggi ti parlerò di Rapa Nui, l’isola dei Moai, l’isola dei quattro vulcani, l’isola il cui popolo rischia ancora una volta di scomparire.

Ti sarà capitato sicuramente di vedere in televisione, in un documentario o in un film, le grandi teste di pietra note con il nome usato dai nativi locali, “Moai“. Si tratta di statue, alcune delle quali  sono sepolte nel terreno dalle spalle in giù, altre invece si ergono con il busto eretto. Per lo più volgono le spalle al mare e guardano verso l’entroterra. Sono collocate su una piccola isola che si trova nell’Oceano Pacifico, al largo del Cile a cui appartiene, di appena 163 chilometri quadrati. Il nome dell’isola in lingua locale è Rapa Nui, ma forse la conosci come Isola di Pasqua. Questa seconda denominazione deriva dal fatto che fu il giorno di Pasqua del 1722 che gli esploratori olandesi vi giunsero, scoprendola.

Le grandi teste dei Moai che volgono le spalle al mare

Rapa Nui però era abitata fin dal 1000 dopo Cristo, forse anche da tempi antecedenti. Certo è che, a partire dall’XI secolo, una civiltà fiorente cominciò a costruire i Moai. Il perchè resta un mistero. Queste statue misurano fino a 10 metri, sono quindi molto grandi, e sono ricavate da blocchi unici di tufo vulcanico. Sono dunque dei monoliti, che furono scolpiti in un luogo e poi trasportati in un altro. Il lavoro necessario per completare un Moai era davvero lungo e faticoso, coinvolgeva molti uomini e lo scopo, ancora oggi, ci sfugge.

Le ipotesi più accreditate è che le statue fossero divinità e servissero a propiziare la buona sorte per il popolo di Rapa Nui; alcune forse, le più piccole, erano effigi dei cari defunti. Restano, però, solo ipotesi che non spiegano perché ne siano state costruite così tante (oggi ne restano 887) o perché alcune abbiano una sorta di buffo copricapo in testa.

Di certo la civiltà che viveva sull’isola era tutt’altro che primitiva. aveva anche elaborato la scrittura, che gli studiosi chiamano Rongorongo ma che nessuno è riuscito a decifrare ancora. Tale civiltà, però, declinò e sparì poco dopo l’arrivo degli occidentali. Anche in questo caso i motivi dati dagli esperti sono molti, ma solo ipotetici: forse la causa furono le malattie portate dagli europei, forse ci fu una guerra civile, o forse…



Una delle ipotesi più verosimili si basa su una semplice osservazione: per spostare i Moai dal luogo di realizzazione a quello di erezione dovettero essere usati centinaia di migliaia di tronchi d’albero. Così, se un tempo l’isola era ricoperta da foreste, all’arrivo degli olandesi su Rapa Nui non c’era più nemmeno un albero.

Potrebbe essere accaduto, quindi, che gli abitanti dell’isola abbiano devastato l’habitat naturale in modo tale da non consentire loro di sopravvivere. E ora, tanti secoli dopo, sembra che purtroppo la storia si ripeta. Il cambiamento climatico in atto sul globo terrestre, secondo gli scienziati, porterà i mari ad innalzarsi fino a 2 metri nei prossimi decenni. Ciò vuol dire che i Moai sono in pericolo perchè il sito in cui si trovano, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, potrebbe scomparire, divorato dall’azione delle onde. I primi danni dovuti all’erosione sono già visibili sul posto: le coste stanno scomparendo anche dei luoghi maggiormente frequentati dai turisti.

Moai

Il Moai con gli occhi, l’unico così conservato e restaurato

Il fascino della leggenda antica dei Moai, i monoliti di pietra che volgono le spalle al mare per guardare a ritroso attraverso i secoli, potrebbe dunque dissolversi, ancora una volta, a causa dell’uso scriteriato che l’Uomo fa dell’ambiente naturale che gli è stato concesso di abitare. Questo è un altro pezzo della magia del passato che svanisce sotto i colpi di martello del “progresso“, del tanto decantato progresso che ha portato gli antichi abitanti dell’Isola di Pasqua a distruggere la loro stessa casa.

Nessuno, come dicevo, ha ancora capito a cosa servissero con esattezza i Moai. Forse nemmeno chi li ha costruiti sapeva davvero cosa stavano facendo. Forse i Moai sono Sentinelle, immote e fedeli, contro la marea che avanza. Sono il monito silenzioso, ma molto efficace, che ci ricorda che la fine fatta dagli Uomini che li hanno eretti potrebbe essere la stessa che attende ognuno di noi. Non si può depredare la Terra senza pagarne il prezzo; non si può sfruttare una risorsa  credendo che essa non avrà mai fine.

La storia degli abitanti dell’Isola di Pasqua ci può insegnare qualcosa, o è solo folklore adatto a turisti con molti denari in tasca? Sei tu che devi darti una risposta; ma chissà che quei volti immoti non decidano un giorno di voltare il loro sguardo verso di noi, per indicarci un modo più giusto e sostenibile di abitare il Pianeta Terra.

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